Presentazione: a cura di Luciano CaprileAndy WarholNegli Stati Uniti, e non solo, Andy Warhol rappresenta uno dei principali punti di riferimento per ogni artista che voglia specchiare il proprio fare nei comportamenti della contemporaneità. Warhol si è identificato con l'arte stessa, essendo egli diventato protagonista e icona di un tempo da accendere e da consumare alla stregua di un prodotto reclamizzato dai media e da replicare all'infinito al pari delle immagini impresse fotograficamente sulla tela e reinventate senza annullare, anzi evidenziando la matrice comune, seriale. Mark Kostabi, da illuminato epigono, ma non solo, ha fatto di più: ha ripercorso l'avvio della storia (la Kostabi World newyorchese è la riproposizione della Factory di Andy) e ha ribaltato il concetto filosofico del maestro: quanto i personaggi del primo acquisivano riconoscibilità e valore iconografico dalla ripetizione anche ossessiva dell'immagine (pensiamo alle "Marilyn", ai "Mao" e così via), come si conviene a ogni messaggio pubblicitario, tanto i protagonisti del secondo vivono nel più assoluto e ricercato anonimato. I loro volti, privati di ogni elemento distintivo grazie alla cancellazione fisionomica, appartengono a una massa indistinta di individui che si muovono e si comportano in modo automatico, guidati da una mente e da una mano superiori che noi non vediamo ma di cui percepiamo la presenza.Kostabi è dunque il burattinaio che muove un essere non ben definito (come può risultare un individuo tra la folla) e che pertanto si distingue non per quello che è e neppure per quello che appare, ma per i suoi comportamenti, per gli oggetti che usa, per i paesaggi che frequenta. Il nostro autore, al di là della pittura, coltiva anche una passione così determinata per la musica da renderla una parte importante della vita e dell' impegno creativo: da qualche tempo si esibisce con crescente successo al pianoforte in concerti dedicati alle sue composizioni. Pertanto queste opere pittoriche, concepite in occasione del Festival delle Settimane Musicali di Stresa e del Lago Maggiore, assumono un particolare significato che va al di là del semplice omaggio d'occasione. Intanto pongono in evidenza una consumata capacità di guardare e di assimilare il mondo che lo circonda (ma anche la memoria del passato) per ricostruirlo a sua misura in forma algida e immediata, tritato e ricomposto da quel computer che è in lui. Come nella musica egli è in grado di miscelare Stravinsky, Ravel, Debussy e il rumore del traffico per offrire i ritmi e le armonie talora dissonanti della contemporaneità, così nei dipinti entrano in gioco gli ingredienti e i richiami del quotidiano da inserire in un contesto costruttivo che contempla citazioni e manipolazioni di celebrati autori del passato. In rassegna scopriamo due inequivocabili e interessanti riferimenti a Giorgio de Chirico in "Dalliance" e in "Take Me Away". Nel primo caso un personaggio kostabiano si confronta con un manichino, suo alter ego, in un interno metafisico mentre sullo sfondo compare un suonatore di tromba. Nella seconda circostanza si assiste alla puntuale, parziale rievocazione di un celebre quadro del "pictor optimus" conquistato da un protagonista asettico il cui cranio scoperchiato erutta l'ossessione di un sassofonista. Metafisica e surrealismo si rincorrono, si sommano e si confondono nella voracità onnivora di un Kostabi che non si limita a superficiali e ovvie incursioni ma decanta nel rigore che gli è proprio ogni modello di suggestione. In tal modo de Chirico può far capolino, come accenno di paesaggio con torre nel riquadro di una finestra, anche in "To Lead Back To Splendor" incentrato nella performance di un pianista al lume di una candela che occupa, non solo metaforicamente, il fuoco della scena. I lavori di Kostabi sono seducenti e inquietanti allo stesso tempo per quell'esibito connubio di indistinta umanità e di trasparente tecnologia. Ha scritto di sé: "Quando si osserva un Kostabi si è contaminati, o ‘kostabinati', se si vuole, come toccare un'edera velenosa, o ascoltare Elvis, o guardare un film di Audrey Hepburn, a seconda dello stato di noncuranza". Si parlava di riferimenti culturali: "Playing Favorites" è immerso in un capolavoro di Mondrian che determina e distilla l'atmosfera in cui si esibisce il pianista e ne rievoca la rigorosa armonia di suoni da recepire nella geometria della tela. "Good Bye" si risolve invece in un omaggio a Magritte e alle sue figure ritagliate nell'immaginario, in una onirica trasposizione di pensiero. E il paesaggio? Può essere costituito dai contorni di una New York sfumata nel fondale di "Call of the City" per offrire un invitante richiamo mentale e strutturale all'esecuzione per pianoforte del ricorrente virtuoso della tastiera (comunque sempre Mark); oppure può venire scandito dagli interni attraversati da una luce fredda, metallica che esalta le tonalità contrastanti e i gesti del violoncellista di "Cat Club" (col felino attento fruitore della melodia ). Altrimenti è la solitudine di "Misanthropes", degna di un silente e angosciante bar di Hopper, a impregnare i muri blu e i gesti lontani del suonatore di piano. E allora? Una volta relegata nel sogno l'armonia del duo che si esibisce in "Red and Yellow Music", non rimane che tuffarci nel grande bianco e nero di "Polarities" dove l'accordo di una chitarra e di un pianoforte suscita incubi di falene umanizzate ma anche sospensioni di corpi e di pensieri, stravolgimenti di cuori e precipizi di verità. Questo è l'effetto dell'arte di Kostabi quando incontra la musica, questa è la nostra vita di oggi quando incontra se stessa per spremerne una desiderata armonia. Luciano Caprile. Comunicato a cura di: Ufficio Stampa Excalibur |