Retrospettiva Roberto OrlandiArchivio: Parma, dal 10 settembre al 10 ottobre 2004
Oggetti di uso comune, suicidi da rotocalco, strutture in ferro, collage e acrilici, giocattoli, icone pop, teatro di fiaba, tragedie veicolate mediaticamente, colori lisergici. Il tutto condito da abbondanti dosi di ironia, spesso crudele, sempre sorridente. Cosa lega insieme questi ingredienti apparentemente così disomogenei? Ovviamente, il nome di Roberto Orlandi. A lui è dedicata la retrospettiva (dal titolo omonimo) che Parma ha organizzato dal 10 settembre al 10 ottobre 2004 presso la Galleria S. Ludovico e presso l'ex Galleria Mazzocchi, ora sede dell'associazione culturale "Remo Gaibazzi". La mostra è organizzata dall'Area Cultura del Comune di Parma - Servizio eventi e mostre e dalla Fondazione Monte di Parma in collaborazione con la stessa Associazione Remo Gaibazzi. Roberto OrlandiL'eclettismo stilistico unico ed estroso di Roberto Orlandi, il cui kitsch estremo rappresenta uno degli esiti più originali ed apprezzati a livello internazionale del neoconcettualismo italico, anzi più specificatamente di quel "Concettualismo Ironico Italiano" così apprezzato in Germania, approda finalmente a Parma ad un'antologica degna della sua figura e della sua importanza nel panorama nazionale ed internazionale. Vissuto prevalentemente a Parma, dove è precocemente scomparso nel 1995, Orlandi, classe 1954, è stato maestro nello "sconvolgere le attese" e nel "ribaltare i nessi interpretativi in spettacolari esempi di analisi critica" (Roberto Daolio, 1988), sviscerando in particolare la morbosa curiosità che alberga in ogni persona ridicolizzandone i miti da rotocalco e da soap-opera o il superficiale consumismo che si nutre anche di eventi e di tragedie reali. In Orlandi "ogni vicenda è amplificata e passata attraverso il megafono di colori roboanti e lucenti: soltanto l'esagerazione dell'arte svela infine l'assurdità della vita" (Maurizio Sciaccaluga, 1992). In lui "i 'personaggi' sono diventati sculture-oggetto, materiale povero e coloratissimo, in rapporto (...) simbolico con la loro storia, cioè con l'idea che ce ne siamo fatta" (Adriana Bolfo, 1993). E se i suoi personaggi sono divenuti "oggetti", la sua arte spazia allegramente in un terreno libero da ripartizioni di genere, in cui è difficile stabilire se si tratta più di pittura o di scultura o, più probabilmente, di un'originalissimo mix di entrambe. Le sue installazioni sono inusitati assemblaggi di coloratissimi collages di immagini della società contemporanea, debitamente spremute attraverso un filtro di sarcasmo un po' maligno, e di oggetti d'uso secondario, spesso giocattoli o sezioni materiali e letterarie del mondo infantile. Il risultato è la creazione materiale, maieutica, di nuovi oggetti che richiamano solo alla lontana quelli d'uso quotidiano, e che esistono con un'unica vocazione di tipo estetico. A livello di significanza, il mantenimento della "mimesis" spesso non è che il paludamento per lo scavo profondo di nuovi nessi e significati, o per la penetrazione all'interno di drammi umani, sollevandone "con estrema e pericolosa eleganza i sigilli" (Massimo Villa, 1993). Quello che purtroppo non è rimasto di Orlandi sono le performances teatrali con cui soleva accompagnare le esposizioni delle sue opere, peraltro sempre collegate tra loro programmaticamente in cicli narrativi. Perché teatrale e narrativa è sempre stata la sua opera, l'opera di un totalizzante "operatore estetico", il cui uso artigianale di materiali sintetici e plastici in funzione della sua "irriverente e caustica irrisione di molti luoghi comuni dell'immaginario collettivo" di fatto si traduceva in un messaggio genuinamente "fiabesco", dal momento che "la fiaba (...) è la rappresentazione di un mondo all'inverso in cui i personaggi umani, animali ed oggetti creano un universo magico e simbolico tendente alla creazione di narrazioni realistiche o, per meglio dire, verosimili, attraverso le quali il fiabesco si integra con il mondo reale senza aggredirlo e senza distruggerne la coerenza ma evidenziandone, semmai, limiti e contraddizioni" (Edoardo Di Mauro, 2004). In definitiva, l'arte di Orlandi è "un caleidoscopio inesauribile di soluzioni formali, sempre improntate alla cifra dell'eccessivo e dello spettacolare", un "kitsch malizioso e orgiastico in cui l'artista sfida, consapevole e compiaciuto, il cattivo gusto e la banalità del quotidiano, redimendoli ed elevandoli al rango di sublime" (Edoardo Di Mauro, 2004). Eppure, teatralmente, le sue opere "erano sempre profondamente interpretate anche se appese a un muro, sospese nello spazio o appese su un piedistallo. E sempre ci lasciavano con il sorriso sulle labbra." (Alessandra Belledi, 1995). La mostraLa mostra verrà inaugurata venerdì 10 settembre a Parma alle ore 18 presso la Galleria S. Ludovico in borgo del Parmigianino e presso la sede dell'Associazione Remo Gaibazzi (ex-Galleria Mazzocchi) in borgo Scacchini 3. L'apertura è prevista dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 19 tutti i giorni tranne il martedì, con ingresso libero. L'esposizione è stata curata da Edoardo Di Mauro; il catalogo, che riporta il contributo critico di Roberto Daolio, è edito da Mazzotta. L'iniziativa è stata resa possibile grazie al contributo di Banca Monte Parma e Fondazione Monte di Parma. Informazioni sulla mostra: Silvana Randazzo Uff. Organizz. Mostre S. Ludovico (Comune di Parma) tel. 0521/218669, fax 0521/231142 Associazione Remo Gaibazzi tel. e fax 0521/234498 Comunicato e foto curati da: Ufficio Stampa Palazzo Pigorini |