Gaspare Traversi e l’arte del suo tempo in EmiliaArchivio 2004 - Parma 4 aprile – 4 luglio 2004LUCE SUL SETTECENTO Gaspare Traversi e l’arte del suo tempo in Emilia Galleria Nazionale – Voltoni del Guazzatoio, Parma 4 aprile – 4 luglio 2004 “Luce sul Settecento. Gaspare Traversi e l’arte del suo tempo in Emilia” è molto di più di una riedizione, magari aggiornata, della mostra sul Traversi ancora in corso a Napoli. E’ una preziosa indagine sul Settecento in Emilia, indagine che pone il Traversi come caposaldo ma non come unico interlocutore. Lucia Fornari Schianchi, cui si deve quel “Parmigiano” che è stato uno dei maggiori successi espositivi della scorsa stagione, è “partita” dalla mostra di Napoli per allargare di molto l’ambito di ricerca, tanto da giungere ad una proposta che, per molti versi sarà “nuova” rispetto all’edizione originaria. Un “momento assoluto” della edizione parmense sarà la proposta, nella navata laica e spettacolare de retropalcoscenico del Teatro Farnese, spazio misterioso e fagocitante annidato nel ventre del Palazzo della Pilotta, della ricostruzione di una chiesa distrutta, riunendo per la prima volta dopo due secoli, tutte le opere dipinte per essa, ricollocate nella posizione di eloquente intreccio e dialogo per il quale erano state ideate e realizzate da un Gaspare Traversi da poco giunto in queste terre da Roma. Qui, grazie alla protezione del potente frà Raffaellino Rossi da Lugagnano, ottiene la commissione di realizzare ben 24 tele destinate a rendere unica la chiesa del convento di Santa Maria di Monte Oliveto a Castell’Arquato. Questo capolavoro, distrutta la chiesa, venne disperso di qua e al di là dell’Atlantico, una diaspora che si interromperà, per la prima volta dopo due secoli, per questa mostra. Intorno ad esso si raccoglierà una vasta campionatura di opere, provenienti dai più importanti musei italiani e stranieri, del Traversi meno conosciuto a Parma e in Emilia, sorprendente interprete del diletto e della grazia di una società borghese in fermento, in consonanza con la pittura di William Hogarth in Inghilterra e di Pietro Longhi a Venezia. Risalterà così, insieme al traduttore di una religiosità intensa e partecipe, l’illustratore arguto e ironico, con un coté moralisant, della società contemporanea e dei costumi della borghesia emergente, dei parvenus che si accostano, fra goffaggine e finta ricercatezza, ma anche con una buona dose di ingenuità, ai modi e alle mode dell’aristocrazia di antico lignaggio. Ma anche il Traversi alla ricerca della realtà più cruda, che mette in scena la miseria, la povertà , e insieme la vitalità, delle classi più umili e popolari, regalando primi piani di volti che, nelle rughe e nei segni, sono come le mappe di un’intera vita di difficoltà. Ecco allora comparire, quasi come immagini bloccate sullo schermo o fissate in un fotogramma, la multiforme umanità degli umili e degli emarginati, ma anche degli imprenditori o dei “togati” arricchiti: zingare e mendicanti dalle povere vesti, simili ai tanti che affollavano i vicoli bui dell’antica Napoli o della Roma trasteverina, vecchi ubriaconi o lascive mezzane in miseri e rissosi interni da osterie; oppure avvocati e notai, mercanti in abiti eleganti e tuttavia impacciati nei modi e negli atteggiamenti. Una umanità antica e dolente, emarginata e subalterna, alla quale se ne affianca un’altra emergente per censo, talora pretenziosa e potente tal’altra ingenua come un giovane alle prime armi; e che Traversi ritrasse con ironia sottile e divertita, raramente spietata, in scene di galanteria, di concerti e di partite a carte, di lezioni di disegno o cucito, di risse al gioco o in osteria, non senza accenti, in qualche caso, di domestica intimità. In questa sezione troveremo il Traversi più brillante, e talvolta ammiccante, allegro anche nella satira, e una pittura fatta di materia fluida e chiara, di colori caldi e setosi, di pennellate corpose e fluenti, di personaggi parlanti che possono un po’ ricordare la verve del teatro di Carlo Goldoni o della musica di Domenico Cimarosa. Caratteristiche di un dipingere e di un interesse per il reale sociale poco frequentato, per non dire assente a queste date, nel Ducato di Parma e Piacenza, ma che non ha protagonisti alla pari neppure nell’intera Emilia, che anzi resta estranea all’interpretazione del costume e della società, e che privilegia piuttosto il tema dei pitocchetti e dei poveri straccioni. Per ricucire il nucleo traversiano al territorio, al patrimonio e alla cultura locale, il percorso espositivo si allargherà dunque ad accogliere opere significative di artisti emiliani a lui contemporanei o immediatamente precedenti, ovvero arrivate in Emilia da contesti italiani (da Francesco Solimena a Giambattista Tiepolo, Giovan Battista Piazzetta, Giuseppe Maria Crespi, Marco Benefial), con i quali, a distanza, potrebbe aver intrecciato un confronto, e che metteranno in luce il clima entro il quale l’opera del Traversi si viene a inserire con la sua specificità. E ancora statue policrome, argenti e sete che ricostruiscano un mondo di eleganza e ricchezza che si trovava già quasi sull’orlo dell’abisso. Quella caduta che, con lucido sguardo rischiarato dalla cultura preilluminista, Traversi sembra quasi preconizzare quando si addentra, con rigore analitico, nell’acuto approfondimento psicologico dei personaggi della sua “commedia umana”, mettendone in luce vizi e virtù, debolezze e splendori. Una occasione, quindi, per dare spazio a una riflessione e a un eccezionale confronto fra la splendente pittura ducale francesizant, che resterà sullo sfondo, e la pagina più prorompente della “verità” napoletana. Comunicato curato dall'Ufficio Stampa ESSECI |